La Gestione Fiscale degli Affitti Brevi

Gestione Fiscale Affitti Brevi e Regime Forfettario

Che il settore immobiliare rappresenti una fonte di guadagno importante è assodato, tanto che la maggioranza degli italiani considera il possesso di un immobile non come rendita a sé ma come parte del proprio patrimonio. Con il tempo, alle modalità più tradizionali per mettere a reddito una casa (si pensi, per esempio, agli affitti a lungo termine con contratti 4+4), si sono aggiunte alternative legate agli affitti brevi, che hanno più a che fare con il settore dell’hospitality che con quello del real estate.

Inoltre, complice lo sviluppo della sharing economy (o “economia della condivisione”), nei tempi recenti hanno avuto grande fortuna realtà come Airbnb o Vrbo, che hanno semplificato la gestione delle prenotazioni di appartamenti e incrementato la visibilità degli immobili.

Ma quali sono le possibilità oggi per chi vuole mettere a reddito un immobile e quali gli adempimenti fiscali da tenere in considerazione per essere a norma? Di seguito, una panoramica dello stato dell’arte in materia di affitti e delle principali novità che stanno interessando il settore delle locazioni brevi, tra New York e l’Italia.

 

Le Novità sugli Affitti Brevi

Il tema degli affitti brevi è balzato agli onori della cronaca da inizio settembre 2023, dopo che New York ha deciso di arginare le attività delle piattaforme di home-sharing, Airbnb su tutte, con lo scopo di frenare un turismo incontrollato e dannoso per i residenti della Grande Mela.

La città a settembre 2023 ha infatti introdotto la Local Low 18 (o Short-Term Rental Registration Law), che proibisce l’affitto breve di case o singole stanze se non vengono rispettati alcuni criteri: in particolare, per poter mettere la propria abitazione in affitto sotto i 30 giorni, l’host deve registrarsi con la città e la piattaforma confermare tale registrazione. Non solo, scende a 2 il massimo di persone che possono soggiornare nella stessa casa e l’affittuario è tenuto a restare nell’abitazione durante l’intero periodo di permanenza degli ospiti. 

 

E in Italia?

Qui l’opzione degli affitti brevi è una delle più diffuse tra chi ha deciso di mettere a reddito il proprio immobile, tanto da interessare circa 630 mila residenze per una percentuale pari all’1,8% delle case presenti sulla penisola.

Un primo passo verso la regolamentazione delle piattaforme di affitti brevi è sancito dalla sentenza del Consiglio di Stato, con la decisione n. 9188 del 24 ottobre 2023 che ha preso atto della decisione della Corte di Giustizia UE dello scorso dicembre 2022, secondo la quale Airbnb, e in generale i portali di prenotazione online, sono sostituti d’imposta: devono cioè riscuotere e versare allo Stato la cedolare secca sugli affitti brevi.

Il colosso dell’hospitality Airbnb è stato condannato per evasione fiscale ed è stato disposto un maxi sequestro della Guardia di Finanza di oltre 779 milioni di euro. In particolare, si è contestato ad Airbnb di non aver versato, in qualità di sostituto d’imposta, la cedolare secca al 21% per il periodo compreso tra il 2017 e il 2021 e il reato di omessa dichiarazione fiscale.

In tema di cedolare secca importanti novità sono introdotte con la Manovra di Bilancio 2024: in particolare, l’attuale testo prevede il mantenimento dell’aliquota della cedolare secca al 21% per la prima casa impiegata negli affitti brevi e l’aumento al 26% per le locazioni di durata non superiore a 30 giorni, quando gli immobili destinati alla locazione breve siano due o più. L’attuale legge ha poi confermato l’introduzione del Codice Identificativo Nazionale (CIN), che consentirà di tracciare i proprietari e ridurre l’evasione fiscale, imponendo la registrazione su una piattaforma telematica nazionale.

La normativa ad oggi in vigore (art. 1 comma 595, della Legge n. 178/2020) prevede che superata la soglia di 4 immobili, oltre a venir meno la possibilità di godere della tassazione agevolata – che esonera i locatori dal pagamento dell’imposta di registro, dell’imposta di bollo e delle addizionali IRPEF – opera la presunzione di imprenditorialità e scatta l’obbligo di aprire la Partita IVA. A seconda delle modalità con cui il locatore gestisce l’attività, se in regime forfettario o ordinario, in società o individualmente, sorgono diversi adempimenti fiscali e amministrativi, che possono differire in base alla sede in cui è ubicato l’immobile: pertanto, occorre verificare sempre la normativa comunale di riferimento.

 

Vuoi affittare una casa? Quale modalità scegliere

Non esiste una modalità univoca per mettere in affitto un immobile, ma più opzioni ciascuna delle quali prevede regole e fa riferimento a regimi fiscali differenti che possono essere più o meno favorevoli a seconda del singolo caso. Per questo motivo è fondamentale conoscere la propria situazione e le opportunità che si hanno a disposizione, avendo cura di non tralasciare aspetti rilevanti e di scegliere la soluzione più conveniente.  

 

Locazione turistica: quali caratteristiche deve avere

La locazione turistica è una modalità di affitto in località attrattive per il turismo il cui guadagno deriva esclusivamente dagli immobili, per un minimo di 7 e un massimo di 30 giorni, dove non sono previsti servizi aggiuntivi, salvo il cambio della biancheria a fine soggiorno e le pulizie, e le cui tasse si pagano attraverso cedolare secca. Questa tipologia di regime agevolato prevede il pagamento di un’imposta sostitutiva all’IRPEF e alle addizionali ed esonera dal pagamento dell’imposta di registro e di bollo, tranne nel caso di cessione del contratto di locazione. 

La locazione turistica, inoltre, non richiede presentazione della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) ma prevede la stipula di un contratto di locazione abitativa con finalità turistiche da registrare all’Agenzia delle Entrate qualora la permanenza degli ospiti superi i 30 giorni. Nel contratto andranno indicati i dati del locatore (chi affitta) e dell’inquilino, il periodo e la durata dell’affitto e l’importo erogato al proprietario. 

 

Contratto di Affitto 4+4

Il contratto di affitto 4+4 è la forma più comune di accordo fra privati per cui il canone non è stabilito dalla legge. S differenza di quanto accade nel caso del 3+2, ma è il risultato di un accordo tra le parti. In questo modo, il proprietario ha una libertà maggiore per quanto riguarda la definizione dell’importo, ma vi sono regole molto precise rispetto alla durata e alla rescissione del contratto.

Infatti, la durata minima del contratto di affitto 4+4 è di quattro anni, cui fa seguito un tacito rinnovo dei restanti 4 a meno che non arrivi la disdetta. Solo l’inquilino può però decidere di disdire il contratto, mentre il proprietario deve attendere il termine degli 8 anni salvo casi particolari. In questo caso il contratto è rimesso all’autonomia contrattuale ma ci sono alcune voci che non possono mancare, come la data di stipula, le generalità dei soggetti coinvolti, i dati che identificano l’immobile in questione, il canone di locazione e la durata della locazione. 

Questa tipologia di contratto deve necessariamente essere registrata all’Agenzia delle Entrate e prevede il pagamento dell’imposta di registro (2% del canone annuo) e di bollo (16 euro ogni 4 facciate scritte del contratto). Può optare per la cedolare secca solo chi possiede immobili appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11, tranne A10.

 

Contratto transitorio

Il contratto di locazione a uso transitorio può durare massimo 18 mesi e risponde a esigenze temporanee e non turistiche. Il principale vantaggio di questo accordo è quello di poter restare sotto ai minimi temporali previsti dalla legge in casi eccezionali dovuti a specifiche esigenze del locatore o dell’inquilino. 

In questo caso, il contratto deve essere redatto in forma scritta e registrato presso un ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate, poiché la durata supera i 30 giorni, e può esistere solo se sussistono i seguenti requisiti:

  • i soggetti coinvolti devono essere persone fisiche
  • la finalità deve essere di civile abitazione
  • non deve superare i 18 mesi
  • deve contenere scritta la ragione che ha portato alla sua stipula

 

Come sempre, deve includere anche le generalità delle parti, la durata del contratto e la descrizione dell’immobile. Il pagamento può avvenire in contanti fino a massimo €1000 ma, in questo caso, è previsto per legge il rilascio di una ricevuta non fiscale da parte del proprietario. 

Questa tipologia di contratto è soggetta a tassazione IRPEF e deve essere contenuta nella dichiarazione dei redditi del locatore. Si può optare per la cedolare secca comunicando la decisione in apposita clausola. Il pagamento dell’imposta di registro è a carico del locatore e dell’inquilino in parti uguali, a meno che la locazione sia soggetta al pagamento dell’IVA che sarà allora a solo carico dell’inquilino.

 

Contratto a canone concordato

Il contratto a canone concordato (3+2 con tacito rinnovo) permette a locatore e conduttore (l’inquilino) di godere di una serie di agevolazioni fiscali, dalla cedolare secca alla riduzione del pagamento dell’IMU (Imposta Municipale Unica). Infatti, questo accordo non permette al locatore di scegliere liberamente l’importo dell’affitto, ma dovrà fissarlo tenendo in considerazione un range specifico, fissato dall’accordo territoriale di riferimento per il proprio Comune prima di chiedere la conferma delle associazioni di categoria. Solitamente a questo tipo di contratti si applica una cedolare secca del 10%, purché rispondano ad alcuni requisiti:

  • sia il locatore che l’inquilino devono essere persone fisiche e la locazione deve avere ad oggetto immobili al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, arti e professioni
  • l’applicazione della cedolare secca deve essere comunicata al momento della registrazione del contratto
  • il proprietario deve mandare all’inquilino una raccomandata in cui si esplicita l’applicazione del regime agevolato e si rinuncia all’aggiornamento del canone concordato (ovvero, il costo rimarrà sempre lo stesso anche nel caso di un eventuale aumento del costo della vita; viceversa, con l’adeguamento il contratto di locazione, potrebbe essere ritoccato ogni anno fino al 75% dell’indice ISTAT)

Per quel che riguarda l’immobile, è necessario poi che questo sia ubicato in comuni ad alta tensione abitativa o, nel caso di contratti a studenti, che sia situato in un Comune in cui ha sede una università, un corso distaccato o che si tratti di comuni limitrofi.

Dal canto loro, anche gli inquilini possono godere di alcuni benefici e detrazioni fiscali, fino a un importo massimo di €495,80 se il reddito complessivo non supera i €15.493,71 e di €247,90 euro se il reddito complessivo è superiore a €15.493,71 ma non a € 30.987,41. 

 

La Differenza tra Tassazione Ordinaria e Cedolare Secca

La principale differenza tra tassazione ordinaria e cedolare secca risiede nel fatto che la prima opzione fa riferimento alle aliquote IRPEF, mentre la seconda prevede il pagamento di un’imposta sostitutiva e delle spese della registrazione del contratto di locazione. La cedolare secca è un’opzione vantaggiosa perché sostituisce il pagamento dell’IRPEF con le aliquote fisse (21% o 10% a seconda dei casi) e conviene a coloro che dichiarano anche altri redditi e quindi sono già sottoposti a tassazione IRPEF.

Mentre il regime ordinario prevede la tassazione a scaglioni sul 95% del canone annuo nel libero mercato (66,50% nel caso di canone concordato), la cedolare secca abbassa questa percentuale al 21% o al 10% nel caso di contratti a canone concordato nei comuni ad alta tensione abitativa.

La tassazione ordinaria può risultare vantaggiosa nel caso in cui non si possa cedere il bonus casa alle banche (Ecobonus) o ci sia una situazione di crescente inflazione, che potrebbe portare il locatore a modificare il canone di locazione. L’opzione per la cedolare secca è prevista solo per le unità immobiliari ad uso abitativo e relative pertinenze, mentre restano escluse tutte le altre tipologie di immobili.

 

Quanto si Guadagna con gli Affitti Brevi

Il guadagno derivante da un affitto breve dipende da tanti fattori, in primis la dimensione dell’abitazione e il periodo preso in considerazione, poiché il prezzo dell’affitto può variare di molto tra l’alta e la bassa stagione. In media, secondo dati di Idealista, se si considera un bilocale con 4 posti letto, la soluzione più gettonata, nelle località turistiche il costo varia dagli €800 ai €2400 alla settimana, con un rendimento annuo che quindi oscilla tra il 4,6% e il 6,7% lordi.

Per fare una simulazione di guadagno con Airbnb, tenendo conto delle variabili, si può cominciare dai costi previsti per proprietario e ospiti.

Il proprietario (host) dovrà tenere conto di:

    • commissioni: su Airbnb le possibilità sono due, il modello condiviso e quello a solo carico dell’host. Nel primo caso, Airbnb commissiona al proprietario dell’immobile il 3%, addebitando agli ospiti la restante parte (circa 14%), mentre nel secondo la commissione è a completo carico dell’host (tra 14% e 16%). Booking, invece, prevede solo commissioni per l’host che possono variare dal 15% al 18%;
    • tassazione IRPEF ordinaria, dove il 95% del canone annuo si somma agli altri redditi percepiti, oppure tassazione sostitutiva agevolata (cedolare secca) sul totale del canone percepito (al 26% dalla seconda casa in affitto se il ddl di Bilancio 2024 rimarrà invariato; al 21% per la prima e al 10% nel caso del canone concordato);
  • IVA al 22%

 

L’ospite, invece, oltre all’eventuale commissione di Airbnb (modello condiviso), dovrà considerare il pagamento dell’imposta di soggiorno (da €1 a €5) per ogni notte trascorsa in una struttura ricettiva nei Comuni capoluogo di provincia, nelle località considerate turistiche e nelle città d’arte.

 

Regime Forfettario e Affitti Brevi

Quando l’attività ha carattere imprenditoriale, e quindi non è più possibile applicare la cedolare secca, bisogna aprire la Partita IVA. Si può optare per il regime  semplificato, ordinario oppure forfettario

Nel regime semplificato e ordinario l’IVA è prevista in fattura ma è detraibile e la tassazione segue gli scaglioni IRPEF, per cui più è alto il fatturato più salgono le imposte. La differenza sostanziale tra i due regimi sta nella tenuta della contabilità e negli adempimenti connessi. 

In presenza dei requisiti, se si opta per il regime forfettario, non è prevista l’applicazione dell’IVA e i compensi fino a €85.000 annui sono assoggettati ad aliquota del 15% (del 5% per i primi 5 anni, in caso di nuova attività). In regime forfettario, per questa specifica categoria è previsto un coefficiente di redditività del 40%, che significa che l’aliquota del 15% o del 5% non si applicherà su tutti i ricavi conseguiti ma solo sul 40%, in quanto il legislatore considera il restante 60% come costi sostenuti per l’esercizio dell’attività (ad esempio, vi rientrerebbero le commissioni applicate da Airbnb).

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