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E se non fatturo? Guida galattica al reddito zero per Forfettari neofiti

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La scorsa settimana abbiamo parlato di fatturazione elettronica.
Già perché diamo per scontato che la partita iva si apra per lavorare, dunque fatturare, sempre al massimo delle proprie possibilità. Ma non è sempre così e
a volte accade che, per varie ragioni, l’attività non produca reddito.
E allora, come la mettiamo con le tasse?

Ne parliamo in questo articolo che, come una guida pratica al “peggiore dei casi”, indica costi fissi e adempimenti obbligatori di cui dovrai tenere conto anche se non arriverai a fatturare nemmeno un centesimo.

Se non fatturo non pago le tasse. O sì?

Sì e no.
Ci sono “costi fissi” per alcune attività che potrebbero comunque dover essere sostenuti e consistono in:

  • Imposta sostitutiva
  • Contributi previdenziali

Ma niente panico! Nel caso dei Forfettari questi costi possono essere ridotti o annullati.


Il Forfettario ti conviene?

Partiamo dal presupposto che aprire una partita iva a regime forfettario sarà la tua prima ancora di salvezza qualora tu non abbia la certezza di produrre reddito, dunque di fatturare, nel primo periodo della tua attività. Sarà la soluzione ideale, in ogni caso, anche se non prevedi di arrivare a superare un reddito annuo pari a 85mila euro.

Questo innanzitutto perché potrai aprirla a costo zero e poi perché potrai abbattere i costi legati alla gestione della dichiarazione dei redditi e dei vari adempimenti burocratici che, nel caso dei Forfettari sono davvero minimi e possono essere gestiti in autonomia e in modo facile e veloce con Quickfisco.

Con meno obblighi e meno costi potrai anche proporre un listino più interessante e competitivo rispetto alla concorrenza e questo dovrebbe garantirti la certezza del fatturato fin dalle tue prime mosse come libero professionista.

Difficile, dunque, che un Forfettario motivato si ritrovi con fatturato pari a zero e importanti costi fissi da dover sostenere.
Difficile, ma non impossibile.
Che succede, allora?

 

Cos’è il cosiddetto reddito zero e cosa comporta?

Si definisce reddito nullo quello in cui durante un intero anno di imposta il Forfettario, non abbia incassato nulla, nemmeno un centesimo.

Alla fine dell’anno si dovrà comunque presentare la dichiarazione dei redditi e si dovrà indicare “zero” nello spazio in cui si devono inserire le somme percepite durante l’anno di imposta.

Ed è a questo punto che dobbiamo prendere in considerazione la questione “costi fissi” e tornare alle due tipologie indicate all’inizio: le imposte e i contributi.

 

Ho reddito zero, quanto pago di tasse?

Il Regime Forfettario prevede che il contribuente versi un’unica imposta sostitutiva, che deve il suo nome al fatto sostituisce i tradizionali tributi cui sono soggetti i lavoratori autonomi: IRPEF e addizionali.

Il calcolo dell’imposta sostitutiva viene effettuato sul reddito imponibile, da calcolarsi attraverso la deduzione di una percentuale stabilita in base al Codice ATECO come abbiamo spiegato in questo articolo.

Il reddito imponibile viene indicato nella dichiarazione dei redditi, secondo un’aliquota fissa al 15%, che nel caso in cui si tratti di una start-up, si riduce al 5% per i primi 5 anni.

Questo vuol dire che se il fatturato di quell’anno è zero, anche il reddito imponibile sarà pari a zero, perché il 15% di zero risulterebbe… beh, zero!

Ecco perché, molto semplicemente, il Forfettario, che non incassa a fine anno non paga le tasse.

Ho reddito zero, quanto pago di contributi?

Le cose si complicano, però, quando si parla dei contributi previdenziali che, diversamente dalle imposte, non vengono calcolati in maniera identica per tutti, ma dipendono dalle categorie di appartenenza:

  • Liberi professionisti con Cassa propria, come ad esempio Inarcassa per Ingegneri e Architetti che esercitano la libera professione, la Cassa Forense per gli avvocati o l’ex ENPALS per gli artisti.
  • Commercianti e artigiani iscritti alla Gestione INPS Commercianti/Artigiani.
  • Liberi professionisti senza Cassa, iscritti alla Gestione Separata INPS.

Nel primo caso, dovrai fare riferimento alla tua Cassa di appartenenza perché non tutte hanno le stesse regole. La maggior parte prevede versamenti fissi, ma ve ne sono alcune, come ad esempio l’ex ENPALS che prevedono il versamento di una ritenuta sul reddito: gli artisti che non lavorano, dunque, non versano nulla.

Commercianti e artigiani (e attenzione: appartiene a questa categoria anche chi gestisce un e-commerce, gli ambulanti, i tatuatori, i parrucchieri e chi lavora nel campo dell’estetica) versano una quota fissa pari a circa 3800 euro/anno e in più devono versare dai 50 ai 90 euro circa alla Camera di Commercio alla quale sono iscritti.

La buona notizia? Se sei un Forfettario puoi ridurre la quota fissa del 35%, con riduzione proporzionale delle settimane di lavoro accreditate nel corso dell’anno se non si raggiunge la quota prevista.

E la Gestione separata?

Un’altra buona notizia: gli iscritti alla Gestione separata pagano un’aliquota sul reddito imponibile, dunque, a differenza delle altre due categorie di Forfettari, questi professionisti non pagano nulla nel caso in cui si dovessero trovare a chiudere l’anno con reddito pari a zero.

Ecco perché possiamo tranquillamente affermare che se svolgi una professione che non rientra in un ordine professionale definito (dal videomaker allo youtuber, dallo stylist al grafico pubblicitario) e scegli il regime forfettario, l’unico costo fisso che dovrai sostenere è quello per la dichiarazione dei redditi ed eventualmente per la gestione di fatture e clienti.

Per qualsiasi domanda puoi rivolgerti ai consulenti di Quickfisco!
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Tu rilassati e pensa a fatturare, al resto ci pensiamo noi 😉

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